Iberide, il bou­quet della sposa

Iberis

II nome scientifico dell’iberide, ossia Iberìs, deriva dall’antico nome del paese da cui provengono queste piante, l’Iberia, che cor­risponde all’attuale meravigliosa Spagna. Nel linguaggio comune le iberidi prendono vari nomi: «porcellana», «tlaspi», «bou­quet della sposa», «fiocco di neve», «ce­stello d’argento»,  «nevina».

L’iberide, come gran parte delle erbacee perenni, trova ampio impiego in molte zone dei nostri giardini, ma anche e anche sui balconi e sulle terrazze. In modo particolare, l’iberide è indicata per formare ricche bordure e macchie ai margini dei prato, per coprire brevi scarpate, per formare massa cromatica sulle roccaglie di una certa dimensione oppure per ricadere dai muretti a secco.

Le belle corolle delle iberidi si prestano anche al­la realizzazione di composizioni e rappre­sentano una fresca e gradevole decorazione per la casa, tanto più che esse resistono davvero a lungo recise, e, le loro corolle si accordano facilmente an­che con fiori di altra specie purché di colore tenue.

Acacia, cenni storici, come utilizzarla, quale terreno scegliere e come coltivarla

acacia_mimosa

La prima segnalazione ufficiale sull’esistenza di piante che, con tutta probabilità, corri­spondono alle nostre acacie risale al medico greco Dioscoride, seguito da Plinio il Vec­chio, i quali fanno menzione di una certa pianta achachìa, nome da cui pare derivi la attuale denominazione.

Per solito, ed erroneamente, tutte le acacie vengono chiamate mimose o gaggie, che so­no invece i nomi comuni di due specie ben diverse: la «gaggia» è infatti VA. Farnesiana mentre la «mimosa» è VA. dealbata.

Il giorno di S. Valentino, festa degli inna­morati, soprattutto in Francia vi è l’uso tra fidanzati di scambiarsi un rametto di mimo­sa, che fiorisce appunto in febbraio.

Le acacie difficilmente vengono impiegate per la decorazione del giardino, se non in Riviera o in altre zone altrettanto favorite dal clima, come la Sicilia, dato che la bellezza di queste piante acquista valore solo se l’e­semplare è di alta statura, condizione diffi­cilmente ottenibile se non, appunto, in par­ticolari regioni. Il modo più comune d’uti­lizzare le acacie è quello di coltivarle per la raccolta dei fiori.

La tritonia, banderuola segnavento

Tritonia

La storia del nome di queste piante è abbastanza curiosa; infatti, un tempo esse venivano attribuite al genere Montbretia, che ricordava il botanico francese Ernest Conquebert de Mombret, mentre più tardi vennero ascritte al genere Tritonia, che deriva dal greco triton ossia «banderuola segnavento». Lo strano nome è stato scelto perché gli stami delle corolle delle monbrezie o tritonie, sono disposti in modo diverso nelle varie specie, senza un’apparente ragione, proprio «come vuole il vento».

Nel simbolico linguaggio dei fiori le monbrezie significano «io ti assomiglio».

Le tritonie o monbrezie stanno assai bene nel bordo misto, sulle roccaglie, o in ciuffi isolati al margine del prato, soprattutto negli angoli dove fioriscono spontanei i crochi e i narcisi. Le belle infiorescenze della tritonia possono anche essere utilizzate come fiore reciso perché durano a lungo, soprattutto se si ha l’accortezza di raccogliere le spighe quando sono ancora abbastanza chiuse e solo le corolle poste sulla cima dell’infiorescenza cominciano a mostrare il colore dei petali.

Monarda, tè di Pennsylvania

Monarda didyma

II nome scientifico della monarda è legato a quello di uno studioso di botanica, il medico spagnolo Nicholas Monardes, vissuto nel Cinquecento, autore di un pregevole libro sulla flora spontanea del Nord America.

Nel linguaggio comune queste bellissime e robuste piante sono chiamate «menta selvatica», «menta dei cavalli», «balsamo delle api», «té di Oswego» e «tè di Pennsylvania». A questo proposito, è bene ricordare che con le foglie essiccate della monarda didyma si prepara un’ottima bevanda, dal potere corroborante, chiamata appunto «té d’Oswego» o «té di Pennsylvania». Invece, dai fiori della stessa specie (che è quella più diffusa e coltivata) si ricava una sostanza odorosa nota come «monardina» che ha impiego in medicina e in profumeria.

Le monarde sono piante degne della massima considerazione, ma purtroppo in Italia esse non sono molto comuni e la loro presenza è limitata ai giardini di qualche appassionato e ai parchi naturalistici o sperimentali. E’ possibile impiegare questi esemplari in vari angoli del giardino: come bordura o come macchia isolata, per creare uno sfondo di intenso colore a un qualsiasi elemento decorativo (vasche, stagni, fontane, statue o panchine) per fiancheggiare un cancello di ingresso oppure per concludere il disegno di una scala.