Pianta di vetro

pianta di vetro

Il nome scientifico della pianta di vetro o Impatiens deriva con ogni probabilità da una caratteristica tipica di queste specie, o me­glio dell’involucro che contiene i loro semi. Infatti, allorché i semi stessi sono comple­tamente maturi, la piccola sacca si fende spontaneamente lanciando lontano i piccoli frutti che vanno così a disseminarsi nel ter­reno provvedendo alla naturale e spontanea riproduzione quasi fosse impaziente di rin­novarsi.

La pianta di vetro viene impiegata, per so­lito, come specie da appartamento, dato che essa continua a fiorire per tutto l’inverno se collocata in ambiente adatto, poco riscaldato ma molto luminoso, e in posizione protetta dai raggi diretti del sole.

A parte questa utilizzazione, la pianta di cui ci stiamo occupando svolge un’importan­te funzione decorativa anche all’aperto, pur­ché in ombra o in semiombra, sia in piena terra sia in vaso. Con la pianta di vetro, in­fatti, si possono realizzare bellissime bor­dure, aiuole, macchie al margine del tap­peto verde, si possono ravvivare le zone meno buie del sottobosco e arricchire il giar­dino roccioso o i muri fioriti.

Fra l’altro, l’utilizzazione della pianta di ve­tro è facilitata dalla straordinaria rapidità con cui queste piante si possono riprodurre attraverso le talee da far radicare in acqua e che si ottengono semplicemente staccando un rametto e ponendolo in un vasetto tra­sparente da tenere in buona luce e al caldo. A radificazione avvenuta, la talea può essere piantata in terriccio universale o in terra nor­male mista a sabbia e a torba.

Solanum, indispensabile per la tavola

solanum laciniatum

Dedicare un angolo del proprio giardino alla coltivazione degli ortaggi rappresenta un’operazione estremamente utile, anche se in apparenza toglie spazio alle nostre care amiche piante da arredamento, quelle che con i propri colori contribuiscono a rallegrare l’ambiente circostante.

In realtà non è proprio così, visto che molte piante “da orto” regalano uno spettacolo godibile per la vista nel periodo della fioritura, con una pioggia di colore che precede l’arrivo del frutto del nostro lavoro. Parliamo ad esempio del Solanum, pianta diffusissima alle nostre latitudini e molto utile dal punto di vista alimentare, visto che ci regala ortaggi come la melanzana (Solanum melongena), il pomodoro (Solanum lycopersicum) o la patata (Solanum tuberosum).

Appartiene alla famiglia delle Solanacee e comprende circa 2000 specie sia arbustive che rampicanti, orticole o infestanti. Generalmente di coltiva in piena terra o in serra, ma non è raro trovare determinate specie adatte alla coltivazione in appartamento e capaci di regalare splendide bacche colorate nel periodo invernale.

Peperoncino ornamentale

peperoncino

L’origine del nome latino di queste piante non è del tutto certa, tuttavia sembra che es­so derivi dal vocabolo latino capsa, ossia cassa, in riferimento alla forma dei frutti, che sono appunto cavi come una scatola.

Invece, il nome comune del peperoncino, come del resto per il peperone, deriva quasi certamente dal greco peperi ossia pepe e fu attribuito a queste piante in relazione al sa­pore acre e piccante della polpa dei loro frutti.

Anche nel linguaggio floreale il peperoncino è presente con una simbologia che fa riferi­mento all’ardore che può essere spento solo da una amorosa corresponsione.

Queste graziose piante trovano impiego sia in giardino sia sul balcone come bordura, sulla roccaglia, nel bordo misto o come ele­mento di colore ai margini dell’orto. In cas­setta, sul balcone, costituiscono un elemento di curiosità e, potendo operare una certa rotazione, i vasi si possono utilizzare anche come elemento decorativo per l’apparta­mento, senza dimenticare che i peperonci­ni quando sono ancora freschi e turgidi co­stituiscono un prezioso apporto per le com­posizioni cosidette «secche», miste di fiori e frutti o di fiori e verdure. È opportuno ri­cordare che i frutti del peperoncino orna­mentale sono piccantissimi e, una volta es­siccati, servono in cucina in sostituzione del­la normale paprica.

L’abete bianco, maestosità in montagna

abete bianco

In pieno tema natalizio non si può fare a meno di parlare delle varie specie di abeti presenti alle nostre latitudini, sebbene non tutte siano utilizzabili – per un motivo o per l’altro – come alberi di Natale veri e propri. Oggi ci occupiamo dell’Abete bianco, pianta che con la sua maestosità domina la zona alpina ed appenninica, per spingersi in maniera sparsa fino ai monti della Sila.

E’ un albero della famiglia delle Pinacee, che può raggiungere anche i 50 metri di altezza con il suo portamento colonnare e la forma di cono o di piramide e la caratteristica punta a nido di cicogna.

Negli esemplari giovani presenta una corteccia liscia e biancastra che tende a screpolarsi e scurirsi col passare degli anni. Le foglie sono costituite da aghi appiattiti dal colore verde scuro nella pagina superiore e biancastro-azzurrina in quella inferiore.

Ginepro, la pianta delle “coccole”

ginepro

II nome di questa pianta ha le sue radici in due parole latine jumenta, giumenta e pa­rere, ossia generare, con il significato di «far partorire il bestiame». Infatti i frutti del gi­nepro, che si chiamano coccole o galbule, erano considerate nell’antichità dei validi sti­molanti della funzione uterina durante il parto. Oggi, questi graziosi frutti blu, che giungono a maturazione verso l’autunno, tro­vano ampio impiego come essenza aromati­ca, sia nella preparazione di vivande a base di carne, e soprattutto di selvaggina, oppure per dare profumo a vari liquori e per distil­lare l’essenza del famoso gin.

Le diverse specie di juniperus o ginepro (da quello più noto, che è il communis, e da cui si raccolgono le aromatiche coccole blu, sino ai ginepri più decorativi e di origine esotica) vengono impiegate per la creazione di siepi e macchie isolate, per coprire scar­pate e declivi, per ornare le roccaglie e an­che per la coltivazione in vaso sul balcone.

Con le specie di più alta statura si possono realizzare anche quinte e divisioni fra giar­dino e giardino oppure compatti filari ai lati di viali o di «parterre» erbosi.

L’unica preoccupazione, per quanto riguar­da la coltura del ginepro, è riservata alla scelta della specie, per evitare di piantare presso il mare un ginepro più adatto al clima montano e viceversa.

Muschio, non solo per il presepe

muschio

In prossimità del Natale e dell’allestimento del presepe, non potevamo certo farci mancare un capitolo interamente dedicato al Muschio, ricercatissimo in questo periodo dell’anno proprio per la capacità di “riempire” l’opera d’arte natalizia per eccellenza.

Leggendo queste poche righe, tuttavia, vi renderete conto che il Muschio non è adatto solo come base per un bel presepe, ma può trovare svariati utilizzi sia in giardino che in vaso, se coltivato con le dovute attenzioni.

Cominciamo col dire che è una pianta appartenente alla famiglia delle Briofite, che cresce e prolifica in luoghi umidi, quali il sottobosco, le rocce, i muri esposti per lo più a nord. In realtà, alcune varietà di Muschio si possono trovare anche in luoghi estremamente soleggiati, purché l’ambiente sia ricco di acqua.

Columnea, la pianta che rende esplicita una dichiarazione d’amore

Columnea

Il nome scientifico di questa specie ricorda un patrizio romano vissuto fra il 1500 e il 1600, un tal Fabio Colonna (meglio cono­sciuto come Fabius Columna) che scrisse una importante opera botanica pubblicata a Napoli nel 1592.

Nella simbologia dei luoghi d’origine, la columnea equivale a «leggiadria» e quindi la offerta di una di queste piante viene inter­pretata come uno degli omaggi più espliciti che un uomo possa rivolgere a una donna tramite il gentile messaggio di un fiore.

Nel nostro clima la columnea non può essere impiegata in altro modo che come specie d’appartamento, ed è importante ricordare che per il suo stesso portamento, questa pianta ha bisogno di essere sistemata in una posizione tale che i lunghi tralci fioriti pos­sano ricadere liberamente. Soltanto in tal modo la fioritura della co­lumnea potrà acquistare il dovuto risalto, gra­zie anche allo sfondo lucente e morbido for­mato dal fogliame che si dispone, natural­mente, in una specie di tappeto fittamente intrecciato.

Piante invernali: la Maonia

Mahonia aquifolium

Siete alla ricerca di una pianta capace di ricreare lo spirito natalizio per tutto l’anno nel vostro giardino? E allora la soluzione ideale potrebbe essere rappresentata dalla Maonia, una pianta che ricorda per certi versi l’agrifoglio e che vi sorprenderà con la sua magica fioritura gialla.

Il nome botanico è Mahonia aquifolium, proviene dall’America settentrionale ed appartiene alla famiglia delle Berberidacee. In natura è possibile trovarla allo stato spontaneo in bellissimi esemplari, ma la relativa semplicità di coltivazione la rende particolarmente adatta ad ornare giardini domestici.

Bastano davvero poche attenzioni per godere della sua bellezza, fatta di foglie lucide dal colore verde scuro, con spine corte come quelle dell’agrifoglio, e di fiori gialli profumati, riuniti in pannocchie, che in primavera lasciano il posto alle caratteristiche bacche scure.

Piante invernali: Sarcococca

sarcococca

Se non sapete quale pianta scegliere per arredare al meglio il vostro giardino nel periodo invernale, vi consiglio di fare una visita al vivaio di fiducia, per chiedere che vi venga mostrata una Sarcococca. Sono certa che questa pianta catalizzerà la vostra attenzione, al punto che non potrete fare a meno di portarla a casa per dedicarle le giuste cure.

Come facciamo solitamente con le piante che passano per PolliceGreen, partiamo dalla carta d’identità della Sarcococca, ricordando che appartiene alla famiglia delle Buxacee e che è originaria delle foreste dell’Asia sudorientale.

E’ una pianta che si trova per lo più allo stato spontaneo, pur resistendo perfettamente alla coltivazione domestica, purché siano rispettate delle precise regole legate alla collocazione (in piena ombra o comunque al riparo dai raggi diretti del sole), all’innaffiatura (regolare, evitando  che il terreno si secchi completamente) ed alla concimazione (a fine inverno, utilizzando preferibilmente fertilizzante organico).

Ciliegio d’inverno, per un’amicizia duratura!

ciliegio d'inverno

Nel Sudamerica attribuiscono al ciliegio di inverno, appartenente al genere solarium, ec­cezionali qualità terapeutiche, soprattutto di carattere sedativo, e questo spiega ampia­mente la ragione che ha determinato la scel­ta del nome scientifico di queste piante. In­fatti, Solanum deriva dalla parola sudameri­cana solanem ossia consolazione, a indicare i notevoli vantaggi che si possono ottenere affidandosi ai medicamenti ricavati dalle boc­che di queste graziose piante. Nel linguag­gio floreale, il ciliegio d’inverno rappresenta l’«amicizia duratura», forse a causa della notevole durata dei suoi frutti, che persisto­no sui rami per mesi, dall’autunno sino alla fine inverno.

II ciliegio d’inverno, si utilizza soprattutto come pianta da appartamento, ma nelle re­gioni a clima mite può essere impiegato an­che nella decorazione di cortili e verande e, al limite, anche in piena terra, purché in posiziona riparata e non troppo esposta al sole.

Nelle zone a clima rigido, dopo aver passa­to la cattiva stagione in casa, il ciliegio d’in­verno può essere posto senza alcun timore all’aperto sempre in luogo tiepido e in mez­z’ombra.

Piante grasse: lo Stenocactus

stenocactus

Pronti per un nuovo capitolo dedicato alla piante grasse? Stavolta ad attirare la nostra attenzione è lo Stenocactus, pianta dalla straordinaria bellezza che, grazie alle sue particolarità, si guadagna un posto di primo piano tra le amiche da tenere in casa in questo periodo dell’anno.

Si tratta di una succulenta appartenente alla famiglia delle Cactacee ed originaria dell’America Centrale (in particolare del Messico), dove vive generalmente allo stato spontaneo su deserti aridi e rocciosi.

In natura ne esistono una decina di specie, ma c’è una vasta letteratura sul tema, poiché lo Stenocactus è molto simile ad altre piante grasse, il che dà origine a parecchie discussioni riguardo alla classificazione. Ma andiamo a conoscere più da vicino questa caratteristica pianta, in modo che possiate apprezzarne la bellezza e magari sceglierla nella vostra prossima visita al vivaio di fiducia.

Calceolaria, dove utilizzarla, malattie e parassiti e le specie più belle

calceolaria

È tale la grazia di questa pianta da renderla adatta ad essere impiegata ovunque, in giar­dino come sul balcone, ma purtroppo a que­sta possibilità si contrappongono le limita­zioni imposte dalle avversità climatiche che, in molte regioni, consentono di utilizzare le calceolarie soltanto come specie da apparta­mento. Altrove, invece, è possibile piantare le calceolarie anche in piena terra o in cas­sette all’aperto, per formare bordure o per arricchire il rock-garden.

Le calceolarie possono essere attaccate con una certa facilità da cocciniglie e pidocchi, e il loro fogliame può essere deturpato dal «mal bianco». Al primo accenno della pre­senza di parassiti, è necessario intervenire subito con olio anticoccidico contro le coc­ciniglie e insetticida al piretro  contro i pidocchi o afidi. Per la lotta contro il «mal bianco» (una patina bianca o fari­nosa) si consigliano irrorazioni di acqua e zolfo ramato (4 g ogni litro d’acqua) da ri­petere ogni settimana sino alla completa scomparsa dell’infezione.

Fra le calceolarie arbustive,  le più note per il loro valore decorativo sono queste:

Alberi monumentali: il Castagno dei Cento Cavalli

castagno dei cento cavalli

Comincia oggi il nostro viaggio alla scoperta degli alberi monumentali più belli d’Italia, nella speranza che l’argomento stuzzichi la curiosità del lettore e lo porti ad ammirare da vicino gli esemplari descritti.

Prima di tutto occorre sfatare il luogo comune che vuole l’albero monumentale di eccezionali dimensioni, visto che ci sono anche altre caratteristiche che possono conferire alla pianta tale “titolo”, come ad esempio la longevità, la rarità o la rilevanza storica.

In Italia sono presenti circa 22mila alberi che rispondono ad almeno una di queste caratteristiche, 2mila dei quali di grande interesse, fino a scendere ai 150 esemplari con valore storico e monumentale. Il più famoso è senza dubbio il Castagno dei Cento Cavalli, attrazione principale del Parco del’Etna, nel Comune di Sant’Alfio.

Calceolaria

calceolaria

II caso di queste piante è abbastanza singo­lare, in quanto il loro nome scientifico vanta due probabili derivazioni: dal latino cal-ceolus, ossia pantofola, a indicare la curiosa forma delle corolle che sono fatte a foggia di una borsettina più che di una pantofola vera e propria, e anche dal nome del bota­nico italiano Calzolaris, un frate vissuto nel XVI secolo.

In Europa le calceolarie si coltivano dal 1774, almeno per quanto riguarda alcune specie, mentre altre vennero introdotte nel nostro continente assai più tardi.

Data la varietà delle specie che costituisco­no il genere Calceolaria (erbacee, annuali o perenni, o arbusti) le cure subiscono note­voli varianti secondo il «gruppo» cui la coltura stessa si riferisce.

Le calceolarie arbustive, che possono vivere all’aperto anche in inverno soltanto nel Sud e nel Centro della Penisola, hanno bisogno di frequenti annaffiature nella stagione esti­va (ogni due giorni nella misura di almeno tre litri d’acqua per arbusto) e di generose concimazioni autunnali con fertilizzante or­ganico in polvere.