Schefflera, la pianta delle “scintille”

Schefflera

II nome scientifico della Schefflera deriva da quello del naturalista J.C. Scheffler, vissuto a Danzica dove si occupò di insegnamento e di ricerche in campo botanico.

La schefflera è stata portata in Europa solo nel 1700 e per lungo tempo essa è stata confusa con le aralie, errore che del resto viene spesso compiuto anche oggi, soprat­tutto quando gli esemplari sono ancora mol­to giovani e, quindi, non ancora ben carat­terizzati.

È interessante ricordare che presso le tribù dei Maori, nella Nuova Zelanda, il legno della Schefflera digitata, che è molto tenero, viene utilizzato per ottenere il fuoco median­te la frizione di due legni secchi, di diver­sa durezza, che vengono sfregati tra di loro sino a farne scaturire la scintilla.

La schefflera si impiega come una comune pianta da appartamento, ma con una parti­colare attenzione alla «forma» di questi arbusti che, se hanno una caratteristica, di­ciamo così, negativa è quella di possedere una chioma piuttosto disordinata e che si allarga in modo irregolare.

Piante medicinali: la Genziana

genziana

Benvenuti all’ennesimo appuntamento con le piante medicinali, quelle che, oltre ad ornare il nostro giardino, ci regalano preziosi aiuti per la salute, sostituendo o integrando la medicina tradizionale. Oggi ci occupiamo della Genziana, pianta appartenente alla famiglia delle Gentianacee ed originaria dell’Europa, dell’Asia e di alcune zone dell’America settentrionale.

Alle nostre latitudini è più facile trovarla nelle zone alpine ed appenniniche, dove trova l’ambiente migliore per crescere e proliferare, grazie alla grande resistenza alle temperature più basse.

Come riconoscere una pianta di Genziana? Cominciamo col dire che può raggiungere i due metri di altezza, con le sue foglie opposte ed i fiori a forma di imbuto dal colore ora blu (tipico dell’emisfero settentrionale) ora rosso (sulle Ande) ora bianco (diffuso soprattutto in Nuova Zelanda).

Papiro, carta degli Egizi

papiro

II nome di questa antica, interessante e cu­riosa pianta, deriva da quello dell’isola di Cipro ed è curioso rilevare che, un tempo, Cyperus era la denominazione greca di una specie aromatica, non meglio identificata, con cui gli Sciti preparavano unguenti ed aromi che usavano durante l’imbalsamazio­ne dei loro re e del gran sacerdote.

È del tutto ignota la ragione per cui Linneo, il grande naturalista svedese considerato il padre della sistematica moderna, abbia scel­to proprio questo nome per indicare la pian­ta di cui ci stiamo occupando.

Il significato simbolico di questa pianta è «tutte le cose che non saprei mai dirti a voce».

Piante da appartamento: consigli utili per la coltivazione

piante da interno

L’inverno bussa prepotentemente alla porta e non c’è periodo migliore di questo per dedicarsi in maniera costante alle nostre care piante d’appartamento, quelle che rallegrano l’ambiente nel periodo più freddo e triste dell’anno.

E allora ecco qualche consiglio per una buona riuscita nella coltivazione, tenendo conto comunque che non tutte le piante hanno le medesime esigenze e che è opportuno consultare le varie schede di presentazione prima di avventurarsi nella cura del nostro giardino interno.

Ci sono tuttavia delle regole ben precise da tenere a mente qualunque sia la pianta che abita il nostro salotto o la mensola della cucina, ed è proprio a questo argomento che dedichiamo la nostra attenzione in queste poche righe. Cominciamo allora dalla collocazione: dove piazzare la nostra pianticella affinché cresca forte e rigogliosa? Tenendo conto che le piante per sopravvivere hanno bisogno di luce, la collocazione ideale è in prossimità di finestre e vetrate, facendo in modo che il sole non le baci in modo diretto, perché il vetro, fungendo da lente, creerebbe delle fastidiose bruciature sulle foglie.

Pandano, albero a vite

pandano

L’origine del nome di queste piante è assai antica e si riferisce direttamente al termine malese pandang che gli indigeni del grande arcipelago asiatico usano per indicare, ap­punto, le grandi distese di pandani, alti an­che 10-15 metri che affiorano dalle paludi o lungo i bordi delle lagune sorretti da alte ra­dici che sembrano vere e proprie zampe. Gli inglesi chiamano i pandani «albero a vite» o «pino a vite» per indicare la strana inser­zione a spirale delle foglie sul tronco. In In­dia, i germogli del «cavolo-palmizio» o Pandanus odoratissimus o P. utilis, costitui­scono una vera e propria leccornia e una provvida risorsa alimentare.

Dato che il pandano non emette corolle di particolare bellezza, la simbologia floreale lo ignora del tutto; viceversa è bene ricordare che nelle Filippine e in Malesia esso è con­siderato sacro, tanto è vero che fra le alte zampe delle sue radici non è raro vedere i resti di antiche pagode o di templi votivi.

L’utilizzazione del pandano è quella comu­ne a tutte le piante d’appartamento, senza dimenticare che i pandani, purché in clima favorevole, possono costituire un ottimo ele­mento decorativo anche per il giardino, so­prattutto se questo ha una impostazione di stile mediterraneo o addirittura esotico, con molte piante grasse, rocce e stagni con spe­cie acquatiche, papiri, fior di loto e così via. Per ovviare al colore polveroso che spesso assumono, si deve ricorrere a frequenti spruz­zature con un buon lucidante fogliare.

Dicentra spectabilis, ovvero il Cuor di Maria

cuor di maria

Di fiori dalla forma stravagante ne abbiamo descritti parecchi sulle pagine di PolliceGreen, ma quello che andiamo a presentare oggi li batte tutti in quanto a particolarità e stranezza. Parliamo della Dicentra spectabilis, appartenente alla famiglia delle Papaveracee ed originaria di Cina, Giappone ed America Settentrionale.

Si tratta di una pianta erbacea rustica, sia eretta che rampicante, con foglie sottili di colore verde chiaro e fiori molto caratteristici a forma di cuore. Ed è proprio per la particolare conformazione delle infiorescenze che la Dicentra spectabilis viene detta anche Cuor di Maria ed usata per arredare gli altari della Madonna nel mese di maggio, quando esplode nella sua meravigliosa fioritura rosa o bianca (nella varietà Alba).

Nidulario, abbeveratoio naturale

Nidularium

II nome scientifico del Nidularium deriva dal vocabolo latino nidulus, diminutivo di nidus (nido) a indicare la particolare disposizione dell’infiorescenza che nasce, di solito, dal centro della rosetta di foglie centrali, dispo­ste, appunto, come in un nido.

Queste belle piante erano del tutto scono­sciute in Europa, sino alla metà dell’ ‘800, ma in seguito si diffusero con un ritmo assai veloce, in considerazione della bellezza e del valore decorativo delle varie specie. Ad ac­crescere l’interesse del pubblico nei con­fronti del Nidulario, contribuì senz’altro la creazione di moltissimi ibridi, ottenuti do­po lunghi ed elaborati incroci, che presenta­no fogliame variamente striato e macchiato, ravvivato al centro dalla inconfondibile ro­setta rossa, porpora o corallo da cui si alza, snello ed elegante, lo stelo che porta l’infio­rescenza che può essere bianca, viola o blu.

Una curiosità scientifica riguarda l’abitudine di alcuni rettili, dei minuscoli uccelli «mo­sca» e dei colibrì, di andare ad abbeverarsi proprio nella pozzetta d’acqua che si for­ma nel cuore dei Nidulari, al centro della rosetta di foglie.

Fresia, il segreto del migliore profumo francese

fresia

La fresia è sicuramente una delle piante più apprezzate per la bellezza dei fiori e il loro soave profumo, ancor più preziose per la possibilità di far schiudere queste delicate corolle in pieno inverno, grazie a un sem­plice sistema di forzatura attuabile solo in serra.

Ma passiamo al nome scientìfico della fre­sia, nome che ricorda il naturalista tedesco F.H. Theodor Freese vissuto nell’ ‘800 e che si dedicò in modo specifico allo studio del­la flora spontanea del continente africano. Nei paesi di origine le corolle della fresia vengono impiegate per intrecciare collane e ghirlande che vengono indossate durante le cerimonie rituali.

Alla fresia vengono anche attribuiti poteri magici e particolari influssi sull’animo fem­minile, per cui non è raro che gli stregoni ordinino pozioni o unguenti in cui il pro­fumo delle fresie assume un ruolo predomi­nante.

A proposito di profumo, è opportuno ricor­dare che dai fiori di cui stiamo parlando, si estrae una preziosa essenza che entra come base nella formula delle più note e costose essenze francesi.

Piante da appartamento: la Maranta

maranta

Ancora una volta rivolgiamo la nostra attenzione alle piante da tenere in casa in questo periodo del’anno, quando i lavori all’aria aperta vengono quasi abbandonati per via del freddo pungente. Oggi ci occupiamo della coltivazione della Maranta, una splendida pianta da appartamento, che comprende all’incirca 25 specie, una più bella dell’altra per la colorazione caratteristica delle foglie.

Appartiene alla famiglia delle Marantacee e deve il nome a Bartolomeo Maranta, medico e botanico del 1500. E’ originaria del Brasile e della Guyana equatoriale, sebbene poi abbia trovato ampia diffusione in tutte le zone temperate del pianeta. Alle nostre latitudini, dove non mancano gelate notturne nel periodo invernale, è consigliabile coltivarla all’interno delle pareti domestiche per poterne apprezzare meglio la bellezza durante tutto l’anno.

Riconoscere una Maranta nel marasma di un vivaio è abbastanza semplice, per via delle foglie molto grandi, che presentano il più delle volte striature e venature piuttosto appariscenti. I fiori invece sono abbastanza piccoli, solitamente di color bianco e talvolta riuniti in spighe.

Fiori di cera, come si coltivano e le specie più belle

fiore di cera

Le Hoya (fiore di cera),  sono abbastanza facili da col­tivare ma desiderano intenso calore, luce chiara e diffusa e un giusto grado di umi­dità. In estate è opportuno annaffiare ab­bondantemente per evitare che il terreno si prosciughi troppo; se questo avvenisse le carnose foglie di queste piante reagirebbe­ro immediatamente perdendo freschezza e accartocciandosi.

Sia in serra che all’aperto, è indispensabile corredare il «fiore di cera» di opportuni supporti, meglio se in legno, su cui la pian­ta può arrampicarsi.

Ogni autunno è bene concimare con ferti­lizzante organico in polvere e da aprile a settembre somministrare una volta ogni 15 giorni un prodotto a base di alghe, oppure un concime minerale completo, diluendoli nell’acqua delle annaffiature. È importante tener presente che i peduncoli che reggono i singoli fiorellini delle om­brelle fiorali, non debbono essere tagliati quando le corolle appassiscono; infatti è pro­prio da questi peduncoli che, l’anno succes­sivo, nasceranno i nuovi fiori.

Pachysandra, la tappezzante per un inverno dorato

pachysandra

Se avete l’esigenza di ricoprire al meglio un angolo “morto” del vostro giardino o se magari volete proteggere un albero particolarmente delicato da un incontro ravvicinato e accidentale con il tosaerba, potete puntare sulla coltivazione della Pachysandra, splendida tappezzante che vi regalerà non poche soddisfazioni.

Si tratta di una pianta appartenente alla famiglia delle Buxacee, che trova la sua origine in Asia e nell’America del Nord. Cresce e prolifica in breve tempo, moltiplicandosi con grande facilità ed offrendo uno spettacolo fatto di foglie ovali ed appuntite, riunite in rosette, che nella stagione invernale assumono una colorazione dorata.

Ed è proprio il fogliame a costituire la particolarità della Pachysandra, visto che la fioritura bianca e poco vistosa, è piuttosto insignificante. Come coltivarla dunque per avere un effetto straordinario nel nostro giardino?

Fiore di cera

Hoya_carnosa

Fu nel 1809 che il botanico inglese Robert Brown, volendo ricordare il famoso giardi­niere del duca di Northumberland al ca­stello di Sion, un certo Thomas Hoy, pensò di chiamare Hoya un genere di piante pro­venienti dalla Cina e dalle isole del Pacifico, assai apprezzate per i fiori profumatissimi e di delicato colore.

Un’altra particolarità delle corolle delle Hoya è quella di sembrare modellate nella cera, tanto da aver meritato il nome volgare di «fiori di cera». Questa denominazione è riservata soprattutto alla Hoya carnosa, una specie portata in Europa nel 1802 ed attual­mente assai diffusa in tutte le serre della Costa Azzurra e della nostra Riviera.

Nel Borneo e alle Molucche, presso le tribù indigene, è tuttora in atto una gentile suetudine: nel giorno in cui le fanciulle diventano donne ed ottengono il diritto a partecipare a determinate cerimonie e di indossare particolari costumi, vengono in­coronate con ghirlande di rami di Hoya in­trecciati a mazzolini di fiori. Questa «con­sacrazione» celebra l’ingresso delle giovani donne nel gruppo delle «anziane» della tribù.

Pioppo nero, l’abero dei viali

pioppo nero

“… è il più sfortunato, senza né pregi, né salute. Non serve per il fuoco, né per la scultura. Viene consolato dalle liane che sono le suore del bosco…”. Con queste parole lo scrittore Mauro Corona descrive il Pioppo nero, albero dalla scarsa importanza a livello industriale, ma largamente utilizzato per ornare giardini e viali.

Il nome botanico, Populus nigra, deriva all’abitudine dei romani di piantarlo nei luoghi pubblici, trasformandolo così in un albero abbastanza popolare. Secondo alcune fonti la stessa Piazza del Popolo a Roma prenderebbe il nome da un boschetto di Pioppi neri piantati nelle vicinanze.

Ma veniamo alle caratteristiche del Populus nigra, pianta dalla vita relativamente breve (100-150 anni), appartenente alla famiglia delle Salicacee ed originaria dell’Europa e dell’Asia occidentale.

Edgevorzia, per i documenti importanti e per le colonie costose

Edgevorzia

Il nome scientifico di questo interessante ge­nere botanico, ricorda lo studioso inglese M. P. Edgeworth, e la scelta di tale denomina­zione si deve allo svizzero Meissner, un na­turalista che compì molti viaggi alla ricerca di nuove piante. Fu appunto durante una spedizione in Cina che Meissner scoprì l’ edgevorzia e la portò in Europa.

Dalle fibre del legno di questi esotici arbu­sti in Oriente si ricava una speciale carta, che si lavora a mano e che anticamente ve­niva usata per la fabbricazione di cartamo­neta e attualmente impiegata solo per im­portanti documenti ufficiali.

Oggi l’edgevorzia si sfrutta soprattutto per la raccolta dei fiori, dal delicatissimo profu­mo, da cui si estrae un’essenza molto ap­prezzata e che entra come «base» nella composizione delle colonie più costose.