Acacia, cenni storici, come utilizzarla, quale terreno scegliere e come coltivarla

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La prima segnalazione ufficiale sull’esistenza di piante che, con tutta probabilità, corri­spondono alle nostre acacie risale al medico greco Dioscoride, seguito da Plinio il Vec­chio, i quali fanno menzione di una certa pianta achachìa, nome da cui pare derivi la attuale denominazione.

Per solito, ed erroneamente, tutte le acacie vengono chiamate mimose o gaggie, che so­no invece i nomi comuni di due specie ben diverse: la «gaggia» è infatti VA. Farnesiana mentre la «mimosa» è VA. dealbata.

Il giorno di S. Valentino, festa degli inna­morati, soprattutto in Francia vi è l’uso tra fidanzati di scambiarsi un rametto di mimo­sa, che fiorisce appunto in febbraio.

Le acacie difficilmente vengono impiegate per la decorazione del giardino, se non in Riviera o in altre zone altrettanto favorite dal clima, come la Sicilia, dato che la bellezza di queste piante acquista valore solo se l’e­semplare è di alta statura, condizione diffi­cilmente ottenibile se non, appunto, in par­ticolari regioni. Il modo più comune d’uti­lizzare le acacie è quello di coltivarle per la raccolta dei fiori.


Per qualsiasi tipo di pianta la scelta del ter­reno è determinante, ma nel caso delle aca­cie è addirittura essenziale. Infatti, vi sono diverse specie che sopportano bene la terra calcarea come VA. longifolia e VA. retinodes; alcune che la sopportano un po’ meno (VA. cultriformis) e altre che non la sopportano affatto (VA. dealbata, VA. Balleyana, VA. Far­nesiana). Per questa ragione quando non è possibile coltivare queste ultime specie in terra priva di calcare, si preferisce innestarle sull’A. retinodes che non è calcifuga, ossia non rifugge dal calcare.

Le acacie non hanno bisogno di cure ecces­sive. Necessitano però di abbondanti annaf­fiature estive da praticare ogni settimana nella dose di un secchio per pianta, o an­che di più se l’esemplare è ben sviluppato.

Per quanto riguarda la potatura, che rappre­senta sempre un’operazione di una certa dif­ficoltà, nel caso dell’acacia non esistono par­ticolari problemi: basta infatti cogliere siste­maticamente i fiori recidendo i rami a una discreta lunghezza (anche 50/60 cm) per operare automaticamente il «taglio» più ra­zionale ed efficace.

Dopo la fioritura e la raccolta dei rami cari­chi di infiorescenze, l’acacia entra in una fase di notevole sforzo vegetativo nell’inten­to di riprodurre la vegetazione asportata: è quello il momento migliore per dare alla pianta una sferzata di energia. Si comincerà subito dopo la fioritura a somministrare un concime azotato, per esempio del solfato ammonico, secondo la dose che, di volta in volta, potrà essere indicata dal negoziante in base allo sviluppo e all’età della pianta.

Questa concimazione deve essere ripetuta una volta al mese sino all’autunno, ricordan­do di somministrare il fertilizzante sempre e soltanto su terreno umido.

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